Comprendere o giudicare?

SERATE DI APPROFONDIMENTO CON ESERCIZI PRATICI

Stefania Farolfi (naturopata e life coach) e Marika Tufani (dott.ssa in Scienze e Tecniche Psicologiche).

Lo sapevi che ognuno di noi ha un ruolo soggettivamente specifico nel proprio gruppo di appartenenza?

Quanto può essere importante conoscere quella linea sottile di confine che esiste tra il ruolo dei genitori (padre/made, nonni) e quello dei figli (fratelli/sorelle/fratellastri/sorellastre)?

Quando si diventa adulti può essere utile avere coscienza di quello che è stato il proprio ruolo da figlio/a per poter vedere e riconoscere (onorare) il ruolo di chi in quel momento era la madre e il padre “di turno”.

Durante gli ESERCIZI PRATICI, il Dr. Andrea Penna invita i partecipanti a comprendere il ruolo della madre, del padre e del figlio/a.

E’ incredibile come nell’istante stesso in cui si interpreta uno dei tre ruoli, nell’immediato cambi la percezione: tutto inizia ad avere un senso; arrivano finalmente le risposte per tutte quelle volte che ci siamo chiesti “perché?” e che mai avremmo potuto credere di poter, prima o poi, avere.

La comprensione che ne deriva ci fa rendere conto che ogni cosa ha una sua collocazione, ampliando così la nostra visione, coscienza e responsabilità. Quando ho interpretato il ruolo di mio padre ho percepito tutta la sua difficoltà nel fare il genitore e quanta forza impiegava per riuscire a stabilizzare mia madre; quando ho interpretato il ruolo di mia mamma ho capito quanto lei in realtà si “nascondesse” dietro a mio padre per riuscire a sostenermi; infine quando ho interpretato il mio ruolo da figlia ho visto e sentito in realtà la debolezza e la paura di mio padre che aveva indossato l’abito del guerriero per far da scudo a mia mamma. Finché ho continuato a ragionare da bimba arrabbiata ho giudicato mio padre, ritenendolo sbagliato, ma nel momento in cui ho preso lucidità e ho iniziato a vederlo come un uomo che ha fatto del suo meglio (in base al suo vissuto) per nutrire la sua famiglia, ho iniziato ad amarlo e a conoscere la gratitudine.

Ho compreso quindi che in generale quando i nostri genitori ci hanno concepito avevano magari sui 30 anni, erano pieni di dubbi e paure che anche noi abbiamo avuto a quell’età. Partendo da questo punto di vista dovrebbe essere più facile comprendere la loro posizione e il fatto che anche noi al loro posto avremmo probabilmente agito nella stessa maniera.
Non esistono vittime e carnefici: tutti siamo vittime e per capirlo bisogna osservare, ascoltare e vivere le circostanze della vita da più punti di vista. Nel momento in cui si realizza questo, allo stesso tempo ci si rende conto che la cosa più saggia è smettere di polemizzare, di fare i moralisti e di giudicare. E’ ora di rimboccarsi le maniche e chiedersi “come fare, dove sta la nostra responsabilità”, agendo e ragionando da adulto che ha ben chiaro il fatto che occorre imparare a diventare autonomi e capaci di sostenere con lucidità la sua nuova famiglia.

Rifletti su quanto scritto e domandati: sono fiera di essere come mia madre? Sono fiero di essere come mio padre? Sono fiero/a e grato/a di aver avuto i genitori che ho avuto e di essere stato loro figlio/a?

Le risposte che ti darai, saranno indicative per iniziare a prendere coscienza su quali resistenze interne (tipo di conflittualità) tu abbia, su quanto tu sia davvero adulto sia biologicamente che emotivamente e quale forza sarai portato ad attivare per affrontare le circostanze che la vita ti pone, in funzione di ciò che è necessario fare, salvaguardando la tua di vita e quelli degli altri, in linea o in empatia con l’andamento biologico di madre natura.

Ogni essere umano nasce dall’unione dei propri genitori.

Come si può credere di essere diversi da loro? Riconoscere e onorare il loro agire permette di riconoscere e onorare noi stessi. A prescindere da come sia stato il loro rapporto, noi esistiamo grazie a loro. Siamo vivi, dobbiamo esserne grati oppure no per questo?

Continuare invece a giudicare ciò che hanno fatto o pensare di essere migliori comporta creare in noi stessi una dissociazione che è fonte di una profonda disarmonia. E’ come se lanciassimo un boomerang che ritorna indietro colpendoci, il cui effetto si risente a lungo termine. E’ come se sputassimo nel piatto in cui abbiamo sempre mangiato. Essere fieri dei nostri genitori aiuta a smantellare quella sorta di “muro di Berlino” interiore costruito inconsapevolmente nel tempo che ha creato una dissociazione in noi stessi.

Diventare adulti significa prendere coscienza, sviluppare tolleranza, condivisione e agire con saggezza, rispettando i confini di ogni ruolo e sospendendo ogni forma di giudizio, assumendosi la propria responsabilità: dove non arriva uno, arriva l’altro; ognuno ha un ruolo ed è funzionale all’altro, quindi tutti siamo a modo proprio utili, poiché facenti parte di un sistema vivente che collima con l’ecosistema ambientale; la pace interiore arriva quando ci impegniamo a maturare l’intenzione di mettere in accordo le nostre dinamiche, riconoscendole e andare avanti onorando la vita, perché è un dono, unico e prezioso. Stiamo bene con noi stessi e stiamo bene con gli altri, siamo in pace con noi stessi e siamo in pace con il mondo.

Con gratitudine