Tracciare il confine tra noi e il mondo. Dalla notte dei tempi l’uomo ha sempre indagato per comprendere la relazione che esisteva tra la sua mente, i suoi pensieri, il suo corpo e tutto ciò che lo circondava. Ancora oggi cerchiamo questi confini. La ricerca scientifica della nostra cultura occidentale purtroppo non sempre ci aiuta, aggiunge elementi e rende a volte tutto ancora più complesso. Eticamente tutti vorremmo che la verità sia nella semplicità, e forse è così.
Tutte le nostre riflessioni sono figlie della meditazione: restare noi davanti al mondo, fermi. In quel istante, nel silenzio, arriva qualcosa, tutti abbiamo provato almeno una volta nella nostra vita questa esperienza. E’ come mettersi davanti ad una radio, l’accendiamo e restiamo in silenzio ad ascoltare i suoni che da essa emergono, le informazioni che possono essere e arrivare a noi da ogni parte del mondo.
Probabilmente per comprendere il nostro confine col tutto, dobbiamo vivere nel giorno e vivere nella notte. Di giorno vediamo un aspetto del mondo, quello oggettivo, pratico. Di notte per mezzo della nostra attività onirica percepiamo e decodifichiamo l’altro aspetto del mondo, percepiamo il contenuto emotivo delle cose, percepiamo la relazione empatia che si va creando tra noi e gli altri, vediamo sia le nostre paure e sia le nostre certezze.
Viviamo due vite parallele. Forse la caratteristica saliente di noi umani è questa nostra capacità sia di entrare e sia di estraniarci dalla componente oggettiva del mondo. Nella fase onirica e meditativa forse entriamo in un limbo, ai confini della sola energia fatta di pensiero.
Il pensiero forse è un contenitore di informazioni, è la decodificazione di un campo all’interno del quale siamo collocati e col quale interagiamo; lo modifichiamo dinamicamente dentro noi e lo restituiamo, e lo mettiamo a disposizione di altri. Percepiamo la dinamica del sistema che è intorno a noi per mezzo di pensieri ed emozioni. Traduciamo in pensieri ciò che il mondo prova, forse questo spiega il perché, quando andiamo a vivere in paesi diversi, diventiamo diversi, creiamo inevitabilmente nuove credenze, nuove religioni e nuovi modelli di vita.
Se il pensiero è anche un qualcosa che è intorno a noi, il nostro confine diventa impalpabile, tende allo zero ma non arriverà mai allo zero assoluto, come l’influenza gravitazionale tra due corpi celesti, per quanto siano lontani esisterà sempre tra loro una relazione, saranno sempre parte di un sistema. Di giorno siamo la nostra massa di corpo celeste in movimento nello spazio. Nella fase onirica siamo in quella rete gravitazionale, senza apparente massa, ma solo interazione tra informazioni.
Siamo una interazione di nuvole di pensieri. Ci nutriamo e ci forgiamo uno con l’altro; forse tale interazione di informazioni non è presente e attiva solo tra noi esseri umani, ma probabilmente lo è tra tutte le forme viventi. Tutte le mattine mi alzo e guardo le piante che ho in casa, guardo le piante del viale della strada ove abito, resto in silenzio, immagino che anche loro mi guardano; immagino due esseri, io e loro, che non hanno bisogno di parlare per capirsi, c’è tra me e loro una interazione empatica.
Espandersi nei due mondi, nelle due realtà. Di giorno siamo nel tempo, di notte, sognando siamo nello spazio, siamo nella dimensione del “tutto è qui ed ora”.
L’atto terapeutico è cambiare o aggiungere elementi all’immagine che noi abbiamo del tutto. Solo allora l’interazione tra noi e il tutto cambia. Inevitabilmente la rete gravitazionale tra noi e il mondo cambia, allora noi senza sforzo ci sposteremo. Cambiamo l’informazione del mondo, ma noi siamo anche il mondo.
“Impara ad ascoltare”. E’ la frase che maggiormente ci è stata detta dalla scuola, dai nostri genitori, dai nostri partner, dai nostri colleghi, dalla vita. E’ la frase che più ci ha messo in difficoltà. Ora che sono nella seconda metà della mia vita, ho compreso che ascoltare è restare in meditazione e aspettare che qualcosa emerga. E’ porsi una domanda e andare a dormire, è accendere la radio e restare in ascolto. Aspettare che l’altro mondo ci dica l’altra verità.
Possiamo anche parlare con gli altri in questo mondo onirico, poiché ogni informazione gira liberamente in questa dimensione. Molti dei miei pazienti li invito, quando si pongono nel letto sotto le coperte, in quella fase di rilassamento piacevole, a realizzare un sogno vigile guidato, li invito a immaginare di essere davanti alle loro persone amate o odiate e parlare con loro, raccontare loro le loro paure, li invito nel sogno ad abbracciarli e di addormentarsi con quella immagine romantica. Da quelle semplici immagini nasce a volte una rivoluzione, famiglie separate da anni si ritrovano, come teleguidati da una rete gravitazionale loro malgrado.
Dal mio punto di vista non esiste la parte oscura, non esiste il “male” nel senso teologico, esiste la disperazione trascinata per generazioni che può divenire anche una forza distruttiva potente, un campo che può accompagnare persone per tanto tempo e li modula e li trasforma. Ogni emozione è un pensiero, è un modo di pensare. La disperazione è un vuoto terrificante fatto di solitudine, di soprusi, cosa può aiutarla maggiormente? Sognare di abbracciarla, lanciare nello spazio una immagine positiva. Pensieri che si incontrano e si modellano. Nel sogno siamo sempre attivi, sia nel ricevere, sia nel dare.
Tutto ciò che viene affrontato razionalmente di giorno ha una durata breve. Tutto ciò che viene affrontato nel sogno e nella meditazione diventa immediatamente una esperienza.
Avere una o più tecniche a disposizione per imparare ad usare questi due mondi paralleli senza paura, può essere un valido supporto.
Dott. Andrea Penna