Le Mimesi modificano il processo evolutivo di dette patologie

Nella mia esperienza di medico ho preso atto che, soprattutto nelle patologie croniche di qualunque natura, psichiche od organiche, attuare una terapia medica e/o chirurgica associata ad una tecnica simil costellazioni familiari, mimesi o gioco dei ruoli in gruppo, amplifica nettamente la prognosi del quadro clinico e modifica il processo evolutivo di dette patologie.
Tutti noi conteniamo una struttura genetica, che in parte ci predispone verso processi comportamentali o metabolici più o meno vincolanti. Tale processo viene decodificato col termine di “predisposizione genetica”. Dall’avvento della decodificazione del nostro patrimonio genetico umano (DNA) avvenuto nel 2.000, oggi sappiamo che esiste un altro processo che viene decodificato col termine “epigenetica”. Tale processo determina e facilita l’attivazione o la non attivazione di determinati settori del nostro DNA e viene influenzato dall’ambiente e dal nostro stile di vita oggettivo ed emotivo. Qui è dove tali tecniche di gruppo possono intervenire, ossia modificando o facilitando l’attivazione o no di parte del nostro DNA, e quindi possono variare la nostra predisposizione verso determinate patologie organiche o comportamentali. 
L’epigenetica oggi viene anche descritta, da molti autori, e anche da me in base alla mia esperienza, come il nostro patrimonio emotivo ereditato dai nostri Antenati. È un sotterfugio di Madre Natura per aiutarci a non perdere le esperienze vissute e poterle donare in eredità ai nostri discendenti. Con la genetica ereditiamo una predisposizione organica, con l’epigenetica ereditiamo una predisposizione emotiva comportamentale.
Le mimesi o costellazioni familiari in gruppo, creano un campo morfico, all’interno del quale noi possiamo, come entrassimo in una finestra spazio temporale, vedere, percepire, elaborare emotivamente un qualcosa che è dentro di noi, che fa parte della nostra epigenetica, che abbiamo ereditato amorevolmente dai nostri Antenati.
Tutto ciò che avviene in natura è sempre una richiesta di “voglia di vivere” e di richiesta di “attenzione”.

GUARDARSI ALLO SPECCHIO

La nostra critica e la nostra capacità nel vedere, interpretare e approcciare sia il mondo reale e sia il mondo religioso, nasce dalla mescolanza della percezione emotiva che ognuno di noi ha avuto nella vita embrionale e la percezione emotiva che nostra Madre aveva del mondo che la circondava durante la nostra gravidanza.

Il rapporto tra noi/embrione e il corpo di nostra Madre diviene il nostro archetipo interpretativo di ciò che noi definiremo “mondo reale”, il mondo concreto, lo Yin, questo archetipo rappresenta tutto quello che noi per cultura definiamo e chiamato “la scienza”, quello che storicamente era la fisica newtoniana o la chimica del 1800.

Il rapporto e il tempo mio trascorso tra nostra Madre e il mondo che la circondava durante la nostra gravidanza, noi/embrione lo percepiremo e lo memorizzeremo come il “mondo mistico o religioso”, la parte non concreta delle cose, il mondo Yang, l’altro; questo archetipo rappresenta tutto quello che noi per cultura definiamo come impercettibile, interpretabile, è la fisica quantistica, è lo studio dei campi magnetici, dei campi gravitazionali, tutti basati sulla percezione indeterminabile del campo energetico delle cose.

Le “Costellazioni Familiari Sistemiche” secondo il metodo insegnato da Hellinger o le “Mimesi della nostra vita”, variante da me ideata in base alle mie esperienze, ci permettono di osservare e misurare tali ipotesi interpretative del nostro vivere.

Tali tecniche infatti ci permettono di concretizzare azioni o emozioni memorizzate nel nostro corpo, nelle nostre unità funzionali organiche, ghiandolari e nervose e osservarle nel loro movimento, utilizzando, simil teatro greco, persone che rappresentano il piano della nostra ricerca (emozioni, antenati, malattie), lasciati liberi di muoversi con movimenti spontanei. Come nel teatro antico greco, ove ogni attore seguiva un canovaccio, e dunque, durante la rappresentazione, lentamente si impregnava e immedesimava nel ruolo del personaggio che andava a interpretare, ed entrava senza volere e senza sapere in un archetipo comportamentale, così anche nelle Mimesi, il rappresentante entra, indipendentemente dalle sue conoscenze, nel campo emotivo di ciò che andrà a rappresentare, entrerà in risonanza con qualcosa che le appartiene e con qualcosa che non le appartiene. Nell’arco di centinaia di anni, i Greci notarono che ogni attore recitava e rappresentava i vari Dei, utilizzando sempre medesimi archetipi. Stessa osservazione la notò anche lo stesso Jung, molti dei suoi pazienti, nella descrizione del mondo e delle loro emozioni, anche se totalmente ignari della mitologia greca, la riproducevano.

Ciò sta ad indicare che esistono riflessi o canovacci comportamentali che ci guidano e creano i nostri modelli di vita di relazione; ogni elemento che ruota intorno a noi, durante la vita embrionale, rappresenterà un mito, e ci accompagnerà per tutta la nostra vita.

Appunti del convegno in linea Corona Circus

Metto a disposizione i due articoli che ho presentato durante la mia relazione al seminario web del 4 aprile 2020 come relatore.

LE PATOLOGIE SONO ATTI COGNITIVI: La mia idea è che le PATOLOGIE sono ATTI COGNITIVI.

Ossia, l’atto del “comprendere” implica cambiare sia nel fisico e sia nel modo di agire. Probabilmente l’evoluzione possiamo anche osservarla come un insieme di malattie che hanno obbligato i nostri predecessori a modificarsi in modo rapido, creando e selezionando un nuovo patrimonio genetico nel DNA o un novo patrimonio proteico nel citoplasma, mescolando le informazioni che ognuno possedeva in modo orizzontale, proprio per mezzo di virus.

Possiamo forzare tale ipotesi arrivando a dire che senza i virus l’evoluzione sarebbe avvenuta in modo più lento, che ciò che siamo, è anche grazie a tale meccanismo di comunicazione tra forme viventi. E’ una ipotesi.

L’evoluzione, osservando i reperti archeologici in nostro possesso, è avvenuta per salti e non in modo lineare, l’ipotesi di malattia/drastico cambiamento/adattamento/evoluzione potrebbero essere una nuova interpretazione.

Tali articoli rappresentano i confini della nuova ricerca nel campo delle infezioni e sovra-infezioni virali e batteriche. Modificano e obbligano una attenta rilettura del significato dei virus, non come portatori di infezione, ma come meccanismi evolutivi e di comunicazione tra forme viventi.

Probabilmente i virus non sono infezioni, sono, permettetemi il termine, degli ormoni, sono una posta genetica tra cellule e forme viventi, sono dei messaggeri di informazioni.

Al termine di ogni articolo, in neretto troverete le mie riflessioni conclusive.

Dott. Andrea Penna

VIVERE IN MONDI PARALLELI

Tracciare il confine tra noi e il mondo. Dalla notte dei tempi l’uomo ha sempre indagato per comprendere la relazione che esisteva tra la sua mente, i suoi pensieri, il suo corpo e tutto ciò che lo circondava. Ancora oggi cerchiamo questi confini. La ricerca scientifica della nostra cultura occidentale purtroppo non sempre ci aiuta, aggiunge elementi e rende a volte tutto ancora più complesso. Eticamente tutti vorremmo che la verità sia nella semplicità, e forse è così.

Tutte le nostre riflessioni sono figlie della meditazione: restare noi davanti al mondo, fermi. In quel istante, nel silenzio, arriva qualcosa, tutti abbiamo provato almeno una volta nella nostra vita questa esperienza. E’ come mettersi davanti ad una radio, l’accendiamo e restiamo in silenzio ad ascoltare i suoni che da essa emergono, le informazioni che possono essere e arrivare a noi da ogni parte del mondo.

Probabilmente per comprendere il nostro confine col tutto, dobbiamo vivere nel giorno e vivere nella notte. Di giorno vediamo un aspetto del mondo, quello oggettivo, pratico. Di notte per mezzo della nostra attività onirica percepiamo e decodifichiamo l’altro aspetto del mondo, percepiamo il contenuto emotivo delle cose, percepiamo la relazione empatia che si va creando tra noi e gli altri, vediamo sia le nostre paure e sia le nostre certezze.

Viviamo due vite parallele. Forse la caratteristica saliente di noi umani è questa nostra capacità sia di entrare e sia di estraniarci dalla componente oggettiva del mondo. Nella fase onirica e meditativa forse entriamo in un limbo, ai confini della sola energia fatta di pensiero.

Il pensiero forse è un contenitore di informazioni, è la decodificazione di un campo all’interno del quale siamo collocati e col quale interagiamo; lo modifichiamo dinamicamente dentro noi e lo restituiamo, e lo mettiamo a disposizione di altri. Percepiamo la dinamica del sistema che è intorno a noi per mezzo di pensieri ed emozioni. Traduciamo in pensieri ciò che il mondo prova, forse questo spiega il perché, quando andiamo a vivere in paesi diversi, diventiamo diversi, creiamo inevitabilmente nuove credenze, nuove religioni e nuovi modelli di vita.

Se il pensiero è anche un qualcosa che è intorno a noi, il nostro confine diventa impalpabile, tende allo zero ma non arriverà mai allo zero assoluto, come l’influenza gravitazionale tra due corpi celesti, per quanto siano lontani esisterà sempre tra loro una relazione, saranno sempre parte di un sistema. Di giorno siamo la nostra massa di corpo celeste in movimento nello spazio. Nella fase onirica siamo in quella rete gravitazionale, senza apparente massa, ma solo interazione tra informazioni.

Siamo una interazione di nuvole di pensieri. Ci nutriamo e ci forgiamo uno con l’altro; forse tale interazione di informazioni non è presente e attiva solo tra noi esseri umani, ma probabilmente lo è tra tutte le forme viventi. Tutte le mattine mi alzo e guardo le piante che ho in casa, guardo le piante del viale della strada ove abito, resto in silenzio, immagino che anche loro mi guardano; immagino due esseri, io e loro, che non hanno bisogno di parlare per capirsi, c’è tra me e loro una interazione empatica.

Espandersi nei due mondi, nelle due realtà. Di giorno siamo nel tempo, di notte, sognando siamo nello spazio, siamo nella dimensione del “tutto è qui ed ora”.

L’atto terapeutico è cambiare o aggiungere elementi all’immagine che noi abbiamo del tutto. Solo allora l’interazione tra noi e il tutto cambia. Inevitabilmente la rete gravitazionale tra noi e il mondo cambia, allora noi senza sforzo ci sposteremo. Cambiamo l’informazione del mondo, ma noi siamo anche il mondo.

“Impara ad ascoltare”. E’ la frase che maggiormente ci è stata detta dalla scuola, dai nostri genitori, dai nostri partner, dai nostri colleghi, dalla vita. E’ la frase che più ci ha messo in difficoltà. Ora che sono nella seconda metà della mia vita, ho compreso che ascoltare è restare in meditazione e aspettare che qualcosa emerga. E’ porsi una domanda e andare a dormire, è accendere la radio e restare in ascolto. Aspettare che l’altro mondo ci dica l’altra verità.

Possiamo anche parlare con gli altri in questo mondo onirico, poiché ogni informazione gira liberamente in questa dimensione. Molti dei miei pazienti li invito, quando si pongono nel letto sotto le coperte, in quella fase di rilassamento piacevole, a realizzare un sogno vigile guidato, li invito a immaginare di essere davanti alle loro persone amate o odiate e parlare con loro, raccontare loro le loro paure, li invito nel sogno ad abbracciarli e di addormentarsi con quella immagine romantica. Da quelle semplici immagini nasce a volte una rivoluzione, famiglie separate da anni si ritrovano, come teleguidati da una rete gravitazionale loro malgrado.

Dal mio punto di vista non esiste la parte oscura, non esiste il “male” nel senso teologico, esiste la disperazione trascinata per generazioni che può divenire anche una forza distruttiva potente, un campo che può accompagnare persone per tanto tempo e li modula e li trasforma. Ogni emozione è un pensiero, è un modo di pensare. La disperazione è un vuoto terrificante fatto di solitudine, di soprusi, cosa può aiutarla maggiormente? Sognare di abbracciarla, lanciare nello spazio una immagine positiva. Pensieri che si incontrano e si modellano. Nel sogno siamo sempre attivi, sia nel ricevere, sia nel dare.

Tutto ciò che viene affrontato razionalmente di giorno ha una durata breve. Tutto ciò che viene affrontato nel sogno e nella meditazione diventa immediatamente una esperienza.

Avere una o più tecniche a disposizione per imparare ad usare questi due mondi paralleli senza paura, può essere un valido supporto.

Dott. Andrea Penna

La mimesi della mia vita e la scoperta dei gemelli scomparsi.

Scritto da Marika Tufani (Dott.ssa in Scienze e tecniche psicologiche).

“Ho cercato la mia anima, ma la mia anima non l’ho potuta vedere.
Ho cercato il mio Dio, ma il mio Dio non sono riuscito ad afferrarlo.
Ho cercato il mio fratello e ho trovato tutti e tre.” (F. Thompson)

E così è stato. Una ricerca continua della mia anima, del mio valore, del mio senso della vita, del mio compito su questa Terra così sconosciuta, così spaventosa, così spaventante. Una ricerca iniziata inconsapevolmente in un tempo lontano, quando nulla sembrava acquisire un significato ai miei occhi, che non sapevano dove guardare, che non riuscivano a rivedersi in nessun altro sguardo incontrato, in cerca di tante risposte, ma rovando solo ulteriori domande.
Allora ho cambiato il fine della mia ricerca, ho iniziato a cercare Dio. Un Dio così potente da fare a tratti paura e allo stesso tempo da essere a tratti l’unica speranza. A volte il capo espiatorio di tutte le sofferenze, a volte l’unico sollievo che possa donarti un effimero sorriso, confidando nel suo buon cuore, confidando nella sua provvidenza. Un Dio così potente da essere inafferrabile, insolubile, irraggiungibile. Nuovamente in cerca di tante risposte, nuovamente trovando solo ulteriori domande.
Una ricerca continua costellata di dubbi, di incertezze, di insicurezze, di terribili paure di non arrivare mai a una fine, di non trovare mai la pace. Paura di soffrire, paura di non trovare la serenità, se non solo a piccoli tratti. Un cammino lungo accompagnato solo dalla solitudine. Una solitudine profonda di quelle che ti trafiggono il cuore, che sembrano non terminare mai. Una solitudine che non ti accompagna ma che ti assilla, ti travolge, ti impedisce di poter credere di sentirti meglio prima o poi, di poter essere diversa, capace, adeguata, viva.
La testa non pensa.
Il corpo non sente.
Completamente persa nel buio, dove l’unico pensiero costante è la paura di essere abbandonati, di non essere ricordati, di non essere riconosciuti, di finire in un oblio eterno dal quale risorgere è impensabile, è impossibile.
Un buio impenetrabile fino a quel giorno, quando per la prima volta ho aperto gli occhi e all’improvviso una luce è comparsa davanti a me. Prima piccola, debole, quasi impercettibile eppure inspiegabilmente evidente. Una luce che improvvisamente mi ha mostrato te, mi ha mostrato voi, la vostra presenza, il vostro esistere. L’unico sguardo in cui mi sia mai riconosciuta, l’unico abbraccio in cui mi sia mai ritrovata. Tu unico essere invisibile ma così concreto, così presente, così uguale a me. Il pezzo mancante del mio puzzle, l’appoggio mancante sulla mia strada. Un posto sicuro sempre presente, sempre al mio fianco al quale tornare per avere ristoro, per ritrovare le forze, per ricaricare le energie.
Oggi lo so, ora lo so, che ci siete e che non mi abbandonerete mai. Voi sempre vicino a me, fratello e sorella miei, per sorreggermi, per incoraggiarmi, per non essere da oggi in avanti mai più sola, per sempre insieme.
Una sola anima con la forza di tre, un solo Dio, che per mezzo di me ha dato la vita anche a voi, fantastiche repliche mie, fondamentali parti di me.
Una nuova vita mi si è spalancata davanti, fatta di coraggio, di forza, di autostima, di amore per il mio essere che comprende anche voi, inevitabilmente, da sempre, da oggi e per il futuro, in ogni istante.
Questa è stata la scoperta dei miei gemelli, di voi, degli altri me, che l’unico desiderio che possedevano era di essere visti, riconosciuti, ritrovati. Ora capisco che la mia paura era in realtà la vostra, che il mio buio era in realtà il vostro, che la mia solitudine era in realtà la vostra. Solo che le percepivo io, le vivevo io, perché fra me e voi differenza non c’è, io, semplice respiro per la vostra voce. Era necessario permettere a voi di trovare la pace per poterla vivere io.
E così è stato…
Ho trovato i miei fratelli ed ho trovato tutti e tre.

La mimesi della mia vita: una nuova tecnica terapeutica per vedere e agire nel nostro tempo e nel nostro spazio.

Scritto da Stefania Farolfi (Naturopata, Life Coach) e Marika Tufani (Dott.ssa in Scienze e tecniche psicologiche).

Il Dr. Andrea Penna (medico chirurgo, omeopata e ricercatore) da quest’anno ha introdotto una nuova tecnica terapeutica, fondata sulla sua trentennale esperienza clinico/medica e la parallela esperienza sulle costellazioni famigliari sistemiche derivanti da Bert Hellinger (vedi articolo precedente).

La mimesi della mia vita si fonda su due punti essenziali: il mito, ovvero l’evento immutabile, così com’è avvenuto, e il rito, cioè un momento di nostro intervento, per integrare il nostro vissuto con quello dei nostri antenati, maturando comprensione e consapevolezza delle nostre origini. Con questo nuovo approccio, il Dr. Penna pone l’attenzione non più sul ruolo, che noi possiamo giudicare giusto o sbagliato, di un nostro consanguineo (madre, padre, fratelli, sorelle, zii, nonni, …), bensì sull’evento accaduto, senza porre giudizio, senza tentare di cambiarlo, osservandolo semplicemente nel suo svolgersi. Il mito è un qualcosa che riguarda un evento accaduto e che pertanto non può essere soggetto a cambiamento. Dunque noi non possiamo fare altro che rimanere spettatori, approvandolo e onorandolo tramite il rito. Il vero atto terapeutico è, infatti, trasformare tutti i protagonisti di tale evento in eroi. Per intenderci come avveniva nel teatro greco, in cui era possibile inscenare la tragedia, solo grazie alla presenza di “un buono e di un cattivo”, dove ognuno svolgeva il proprio ruolo, permettendo così la realizzazione di quell’evento o racconto. Non è quindi possibile porre un atto di giudizio sugli attori che hanno dovuto dar vita al loro personaggio.

La domanda che possiamo porci è: “Qual è il filo conduttore tra noi e ‘gli eroi’ che ci hanno preceduto?”

Riflettendo su tutto ciò, gli ‘eroi che ci hanno preceduto’, cioè gli attori della tragedia, diventano i nostri consanguinei e noi diventiamo il pubblico (spettatori) dell’evento. Il filo conduttore quindi, spiegandolo in riferimento alle scoperte più recenti della fisica quantistica, prende il nome di entanglement. L’entanglement significa letteralmente “intreccio” e descrive il legame presente fra due particelle elementari di materia, in cui inducendo una modifica nella prima, inevitabilmente ed istantaneamente la stessa modifica si verifica anche nella seconda. Si può quindi facilmente presupporre che se questo avviene fra due particelle elementari di materia restate in contatto per alcuni secondi, lo stesso accada fra consanguinei con i quali si condivide un intero corredo genetico ed emotivo. Ecco allora che giudicando l’agire dei nostri parenti e antenati, inevitabilmente ed istantaneamente, giudichiamo anche il nostro agire, ricreando l’irretimento e le tensioni, come un copia in colla, di ciò che è avvenuto in passato, non ponendo in questo modo mai fine alla “tragedia”. La mimesi della mia vita mediante il rito permette di chiudere con il passato, riconoscendo il diritto a tutti coloro che ci hanno preceduto, di aver agito come hanno agito, trasformandoli così nei nostri eroi. In breve tempo si allentano le tensioni e si facilita l’acquisizione e l’interiorizzazione delle informazioni che questi eventi trasportano, da generazioni in generazioni, per dar forza evolutiva al sistema di cui noi oggi siamo i porta voce.

La mimesi della mia vita è allora un nuovo modo di vedere, percepire e comprendere amorevolmente il sistema famigliare e la nostra vita, per acquisire un nuovo agire ricco di forza vitale e propositiva.
Buona mimesi della mia vita a tutti voi.

Comprendere ed affrontare le circostanze nella nostra vita di relazione

UN RITO: SCRIVI, RILEGGI E BRUCIA

Scritto da Stefania Farolfi (naturopata).

L’esistenza è un enigma a cui l’uomo stesso reagisce cercando risposte, ma che non sono mai definitive ed esaustive, inducendolo così a ricercarne ancora altre.
Gli uomini, fin dalla notte dei tempi, hanno fatto di tutto per conoscere e capire se stessi e l’ambiente circostante.

Nell’evolversi, durante l’avvicendarsi delle varie epoche, l’uomo ha sperimentato, ricercato, studiato e inventato, in ogni ambito e in ogni aspetto che lo riguardasse, per garantire la sopravvivenza della specie e la sua evoluzione e in tutto questo c’è sempre stato un elemento discriminante che lo ha accompagnato: il rito.

Il rito (o rituale) è un qualcosa di ancestrale che l’essere umano da sempre applica, anche inconsapevolmente, soprattutto in quei momenti di vita in cui si trova smarrito, in difficoltà e ha bisogno di ritrovarsi, di avere fiducia, di sperare.

“Scrivi, rileggi e brucia”, il secondo libro scritto dal Dr. Andrea Penna (medico, omeopata e ricercatore), spiega e descrive le modalità per riuscire a comprendere ed affrontare le circostanze della vita che ci coinvolgono, specialmente nelle relazioni famigliari, mediante l’utilizzo e la ripetizione di mantra specifici ricollegati a modus operandi ritualistici.

Il libro ha lo scopo di aiutare e guidare i lettori, educandoli e formandoli ad avvicinarsi agli eventi in cui vengono coinvolti con i propri famigliari (rapporto genitori/figli), per affrontarli in modo da iniziare a distinguere la differenza esistente tra un approccio fatto di regole e un approccio mediante un dialogo empatico. Così, entra in gioco il rito, in quanto appartiene alla nostra parte più antica, ancestrale che comunica con l’inconscio, in cui risiede la nostra emotività, permettendoci di abbassare le barriere dettate dalla parte razionale (conscia) che cerca di tenere tutto sotto controllo, mediante regole a volte un po’ troppo assolutistiche e/o estremiste. Creare un dialogo empatico con i nostri famigliari (genitori o figli o coniugi), significa comprendere emotivamente il loro vissuto, le loro scelte, le loro difficoltà.

Il Dr. Andrea Penna sottolinea come il dialogo tra genitori e figli (e viceversa) sia direttamente proporzionale a quanto i genitori riescano a rivedersi nella loro infanzia, così come il dialogo tra figli diventati adulti e i loro genitori sia direttamente proporzionale a quanto da adulti i figli riconoscano una similitudine di percorso realizzato, considerando riflessioni, paure e aspettative dei genitori verso di loro e loro volta dei figli diventati adulti verso i propri figli.

Per capire meglio che cosa si intende, ti invito a leggere e rileggere più volte il capitolo 2 pagina 53, in cui spiega la funzionalità dei neuroni specchio.

Secondo me è importante leggere questo capitolo, perché dà una visione chiara e concreta di quale sia la nostra realtà biologica e di come sia influente sul nostro modo di comunicare. Noi abbiamo solo la responsabilità di prenderne atto, astenendoci dall’immediato giudizio e iniziando a comprendere emotivamente i nostri genitori o figli o coniugi, per il fatto che tutti prima o poi siamo andati in difficoltà. Affrontare il dialogo solo secondo regole, ci porta a creare estremismi, stress isterico. Affrontare il dialogo creando empatia, quindi considerando il vissuto emotivo dell’altro, favorisce l’inizio di un nuovo legame, meno aggressivo e più morbido, aprendoci a nuovi orizzonti più funzionali.

“Scrivi, rileggi e brucia” è il libro con cui il Dr. Andrea Penna aiuta a togliere ogni responsabilità, insegnando una tecnica amorevole ed empatica: scrivere le nostre paure, aspettative, riflessioni, ricordi giovanili, rabbie mai sopite in una lettera indirizzata ai nostri genitori oppure ai nostri figli o fratelli o al nostro coniuge, che non spediremo mai e che a distanza di giorni o settimane, rileggeremo e bruceremo… anche questo un rito per ritrovare la via quando ci si sente smarriti.

Buona vita.

Meccanismo Neuroendocrino Delle Costellazioni Sistemiche

Come insegna il padre delle Costellazioni Sistemiche, Hellinger, solo ciò che avviene lentamente è reale, è viscerale, è permanente, è nostro.

Un documento a cura di Andrea Penna.

  • COSA SI INTENDE PER COSTELLAZIONE SISTEMICA
  • MECCANISMO NEUROENDOCRINO
    • Vita e Movimento
    • La scoperta dei neuroni specchio
    • Il Movimento diventa atto terapeutico
    • Stabilizzatore e Modulatore Emotivo