Intervista al Dott. Penna da parte della rivista on-line 5W Agorà e firmata da Caterina Civallero (per visionare il testo completo, si rimanda al sito della rivista).
Sono seduta come spettatrice al “Corso di Dinamiche familiari” del dottor Andrea Penna, medico chirurgo omeopata torinese, e cerco di cogliere, prima di intervistarlo (per spiegarvi in cosa consiste), le ragioni che hanno spinto le persone presenti ad iscriversi.
Osservo il linguaggio del loro corpo e con l’immaginazione provo a ipotizzare e disegnare nella mente quali possano essere i problemi che le hanno portate qui. Conosco questo metodo da alcuni anni. Ho già partecipato alle sue costellazioni e per certo so che oggi sarà per tutti una giornata speciale: il giorno zero da cui partirà una “dolce ricostruzione” per tornare alle origini. Oggi saranno disegnate le basi per costruire quel ponte emotivo capace di ricondurci a casa, intendendo per casa quel luogo protettivo da cui un giorno, senza forse nemmeno accorgercene, ci siamo allontanati e al quale non abbiamo più saputo, per un motivo o per l’altro, fare ritorno. A coordinare i partecipanti, come se fosse un regista, il dottor Penna, è il conduttore e punto di riferimento per ognuno di loro.
Come naviganti senza bussola persi nel mare e nelle sue immense distese ognuno di noi, prima o poi, sente dentro quel richiamo, quella voce che ci chiede di tornare a collegarci con la matrice del tutto. Qualcosa dentro ci indica che è l’unico punto di partenza che ci permetterà di tracciare nuove rotte, nuove avventure. Il nord. Bisogna tornare lì per andare dove si vuole.
“Siamo tutti naufraghi vivi in un mare d’amore” dice una bellissima canzone ascoltata recentemente (di cui non ricordo nè titolo nè autore) e mi piacerebbe divagare su queste riflessioni ma ora Andrea Penna (per me un maestro e un amico, oltre che terapeuta), inizia a spiegare, e intendo prendere appunti, per formulare le mie domande.
Che cos’è la costellazione familiare o dinamica familiare?
“La costellazione familiare, o dinamica familiare, risale a una metodica di terapia di gruppo come la praticava l’uomo primitivo, come ancora oggigiorno in molti continenti Africa Australia o in Sudamerica viene utilizzata. Le persone vengono curate nel Gruppo, inserendole e rimettendole in ordine all’interno del gruppo in cui loro vivono. L’uomo anticamente ha sempre constatato che questa tecnica è l’unica vincente: cioè senza farmaci senza sostanze senza fare nulla loro praticamente riescono a reintegrare l’uomo o qualunque personaggio all’interno del gruppo; tutte le forme di società che noi chiamiamo primitive -ma bisogna sempre stare attenti a cosa intendiamo per primitivo- in realtà tutte le strutture sociali che vivono in metodi molto semplici, quindi di tipo tribale, non sviluppano patologie psicotiche gravi, come autismo, schizofrenia, o comportamenti maniacali, mentre invece noi come società evoluta le sviluppiamo.
Oggi molti autori stanno valutando, sempre più, l’ipotesi, che anch’io in parte sostengo, che probabilmente il vero problema di tutte le nostre patologie psichiatriche è se noi, come individui, siamo correttamente inseriti oppure no nel gruppo a cui apparteniamo.
Voi direte ma cosa c’entra tutto questo? In realtà è fondamentale. Noi abbiamo un ruolo nella vita solo se siamo integrati all’interno di un gruppo. Non abbiamo nessun significato biologico se siamo fuori dal gruppo. Quindi automaticamente tutte le volte che noi tendiamo ad isolarci dal gruppo, perdiamo via via significato e forza biologica e andiamo verso una forma di autismo” (ndr. autismo: incapacità a relazionarsi con altri individui che può andare dal completo isolamento verbale ed emotivo o colpire solo alcuni aspetti della vita del soggetto, con forme di isolamento selettivo).
“Siccome siamo animali fondamentalmente di gruppo, per noi essere isolati da tutti gli altri è impossibile. L’isolamento dal gruppo, determina la nascita di comportamenti compensativi. Tenderemo a sviluppare atteggiamenti fobici e sposteremo la nostra attenzione verso oggetti (giocattoli, cellulare, televisore .. ), inizieremo a giocare con gli oggetti. Tutto ciò si vede purtroppo molto bene nei bambini autistici, loro non hanno relazione con persone umane ma hanno soltanto relazione con degli oggetti per cui passano tutta la giornata a giocare con la biro, a guardare le lancette dell’orologio, non hanno apparentemente e assolutamente nessuna relazione con nessuno, vivono completamente isolati dal gruppo. Le terapie tribali cosa fanno? Prendono questo personaggio e lo ricacciano dentro al gruppo. Per cui viene rimesso all’interno; qui egli recupera il suo ruolo biologico per se stesso e per il gruppo.
Possiamo fare degli esempi?
Facciamo un esempio concreto comprensibile per tutti. Immaginate che l’insieme dei miei organi danno origine ad una costellazione (un insieme), e che questa costellazione si chiama Andrea. Quindi tutti gli organi hanno un significato se sono all’interno di questa costellazione, all’interno del mio corpo; se io li separo dal mio corpo, perdono il loro significato funzionale, vi è chiaro? Ed io stesso divento più debole. Quindi ogni volta che un personaggio del gruppo viene enucleato il gruppo diviene più debole, ogni volta che tutti i personaggi sono correttamente assemblati tra loro, il gruppo è più forte. Una cosa che dico sempre è che la forza del gruppo dipende direttamente dall’immagine che ogni componente del gruppo ha del gruppo, e per ogni personaggio la sua forza è direttamente proporzionale a quanto lui è assemblato all’interno del gruppo.
Perché tendiamo ad isolarci?
La nostra cultura occidentale ci sta portando ad isolarci dal gruppo, il famoso pensa diversamente ‘Think different’ cioè cerca di essere diverso dagli altri. Il cercare di essere diverso dagli altri vuol dire isolarsi, andare verso una forma latente di autismo. L’africano dice: ‘sono come te, sei come me”, ossia applica la formula: “Very normal people”. Ossia più sei normale più sei dentro il gruppo, meno ti differenzi dal gruppo più sei forte. E’ un ragionamento che è esattamente il contrario del nostro… Loro non sviluppano psicosi. Le popolazioni che vivono ancora in forme tribali in Africa Australia Sudamerica hanno una bassa incidenza di autismo; negli stessi continenti, coloro che vivono secondo modelli sociali simil occidentali, sviluppano le nostre stesse patologie. Bert Hellinger, padre delle costellazioni sistemiche, ha lavorato come parroco missionario in Africa, presso gli Zulù, per 16 anni. Grazie alle sue conoscenze in teologia, psicologia, filosofia e antropologia, ha potuto analizzare le tecniche utilizzate da tali tribù per curarsi. Tali popoli affrontano le loro problematiche con rituali di gruppo, per mezzo di balli, riti, recitazioni teatrali simboliche delle loro paure, malattie, sfatandole. Questa cosa impressionò Hellinger. Decise così di importare tali tecniche terapeutiche di gruppo adattandole ai nostri costumi occidentali, dando origine alle Costellazioni Familiari Sistemiche. Il termine Sistemiche sta ad indicare che la persona va vista e inserita in un sistema. Se la persona viene correttamente posizionata all’interno di un sistema guarisce, altrimenti non guarisce. Io personalmente, simpatizzo maggiormente con il termine usato da un altro terapeuta europeo Moreno che è “Gioco dei ruoli”, che mette maggiormente in luce l’importanza che ogni individuo deve assumere correttamente il proprio ruolo all’interno del gruppo o famiglia cui appartiene.
Parli sovente di “inconscio di gruppo”, puoi spiegare meglio questo concetto?
Dal mio punto di vista, le Costellazioni sono anche un valido mezzo di comunicazione con il cosiddetto inconscio di gruppo. Per mezzo della rappresentazione di un gruppo, noi possiamo vedere immediatamente le dinamiche emotive che regolano tale gruppo. Possiamo introdurre delle varianti e valutare in tempo reale le ripercussioni indotte. L’atto terapeutico è visibile e agisce da subito, poiché il paziente vede oggettivamente il movimento davanti ai propri occhi. Questo per esperienza, induce come un riflesso condizionato nell’inconscio della persona, che lo porterà nel tempo a modificare il suo atteggiamento verso gli altri componenti nella vita reale. Nel tempo, lavorando sia in gruppo e sia in seduta singola nel mio ambulatorio, ho compreso che non esiste un inconscio o uno stato di coscienza singolo, ma solo di gruppo.
Dal mio punto di vista è il gruppo che induce e crea lo stato di coscienza di ognuno di noi. Ogni volta che noi induciamo uno spostamento di un qualunque componente del gruppo, tutti gli altri presentano un movimento compensativo contrario. Ciò significa che tutti noi siamo sempre collegati al gruppo di appartenenza e non possiamo distinguere mai al cento per cento una qualunque nostra emozione o scelta di vita dalla somma algebrica emotiva dei restanti appartenenti al nostro gruppo. Per poter spiegare tale fenomeno, ho preso atto che noi siamo Macchine Biologiche Emotive Telepatiche.
Cosa intendi con tale definizione?
Le nostre emozioni sono dunque figlie di un antico movimento. Accogliere in noi amorevolmente tali movimenti, per mezzo di una costellazione, significa iniziare un cammino, significa entrare in armonia con le nostre emozioni, con ciò che noi siamo.
Siamo persone che fondamentalmente funzioniamo su base emotiva, o possiamo anche dire che siamo un ammasso di emozioni che poi si coordinano e si strutturano in movimenti, in pulsioni desideri, ecc. Noi telepaticamente comunichiamo sempre le nostre emozioni con il gruppo di cui facciamo parte. Questo avviene in maniera automatica. Non richiede esercitazione né pratica, noi lo facciamo inevitabilmente. Ciò spiega il perché al variare emotivo di un solo componente del gruppo, si ha una variazione significativa emotiva di tutti gli altri componenti. Abbiamo una potenza telepatica inimmaginabile, possiamo comunicare in questo modo anche con persone che vivono ai poli opposti della terra.
Noi trasmettiamo telepaticamente solo le emozioni. La telepatia è puramente emotiva.
Altro aspetto importante da segnalare, che l’esperienza clinica mi ha insegnato, è che le costellazioni non vanno fatte per cambiare l’altro, per cambiare il gruppo, ma per reintegrarmi o riprendere correttamente la comunicazione col gruppo.
Prima ancora di conoscere Hellinger nel 2001 avevo compreso che non esistono patologie che derivano dalla nostra vita oggettiva, ma esistono patologie che derivano da un non corretto collegamento con il gruppo di origine, soprattutto con il Padre e la Madre.
Il Padre e la Madre, non sono solo i nostri Genitori, essi rappresentano anche due simboli importanti nella nostra vita quotidiana. Ad esempio, il rapporto che noi sviluppiamo verso il mondo del lavoro riproduce il rapporto con mio Padre; alla pari, il nostro modo di viverci nella vita familiare è direttamente proporzionale al rapporto con nostra Madre. Quindi mi godo il rapporto con il lavoro nella stessa identica maniera in cui mi godo il rapporto con mio Padre, e mi godo quello con la vita in famiglia nella stessa identica maniera in cui mi godo la vita con mia Madre.
Mi godo il rapporto con i colleghi nella stessa identica maniera in cui mi godo il rapporto con i Fratelli. Sono tutti archetipi comportamentali innati. Quindi se ho problemi sul lavoro devo agire sul Padre. Non basta cambiare lavoro! Se lo cambiassi entro breve tempo mi ritroverei con gli stessi problemi di prima, magari in una nuova azienda. Se ho problemi in famiglia devo agire su mia Madre. Se ho problemi con i colleghi devo agire sul rapporto fra Fratelli” (anche quelli non nati, o abortiti). Il lavoro consiste quindi nel ricreare un corretto collegamento con il gruppo, nel vedersi. Attraverso la rappresentazione, la costellazione, vedi tuo Padre, tua Madre, i Fratelli (nati e non nati), il Coniuge, il Figlio, e tutta la tua storia e ti agganci nel tuo ruolo, nel ruolo esatto che devi avere. Questa è la chiave di lettura.
A livello biologico funzioniamo grazie al Dna e alle Proteine. Attraverso la loro struttura chimica si genera un movimento elettrico capace di portare avanti la comunicazione in maniera perpetua. Le proteine funzionano come dei transistor impregnati di informazioni ed emozioni. La comunicazione è istantanea”.
Potrei scrivere, a conclusione di quest’intervista, di cosa è successo ai partecipanti durante la rappresentazione ma anche se cambiassi i nomi mi sembrerebbe di violare uno spazio sacro che non può essere descritto. E’ come se avessi l’arroganza e la pretesa di descrivere cosa si prova ad abbracciare la propria Madre o una persona a noi cara. Questo è un movimento d’amore e ognuno ha il suo, come è giusto che sia…
La costellazione può solo essere vissuta. Ognuno torna a casa con i suoi mezzi e con i suoi tempi.
Siamo tutti in viaggio verso casa.
Siamo tutti anelli di una catena, perle di una collana, passi di un cammino. Abbiamo tutti una meta da raggiungere e per tutti il viaggio può essere faticoso o impervio, alle volte. Siamo una carovana in viaggio, ognuno con la una storia da raccontare intorno al fuoco la sera, e la storia di uno è la storia di tutti.