Salve a tutti, riporto un articolo trovato nella pagina Facebook del Prof. Paolo BELLAVITE.
Questo articolo riporta il primo caso segnalato di carcinoma con all’interno la proteina Spike inserita col vaccino COVID-19 a RNA. Questa è una ulteriore conferma che tutto ciò che è accaduto nel 2021 e 2022 deve assolutamente farci riflettere, e mi rivolgo soprattutto ai miei colleghi medici; abbiamo peccato di superficialità.
Io avevo tenuto una conferenza on line, poi oscurata, ove descrivevo che i virus “naturali” sono un valido mezzo a disposizione di Madre Natura per indurre un passaggio di materiale genomico tra una forma vivente ad un’altra; tale meccanismo ha permesso a tutti noi di sopravvivere a molteplici catastrofi climatiche. La variazione genetica è il primo atto per permettere la nascita di una nuova specie di animali e batteri resilienza al variare dell’ambiente. L’evoluzione non è mai stata lineare, ma a scalini, probabilmente grazie alla presenza dei virus, che non sono altro che semplicissime “scatole” di trasporto di DNA da un animale ad un’altro.
In quegli anni avevo anche creato un protocollo utilizzando prodotti omeopatici (medicinali in grado di annullare gli effetti patogeni di veleni) scrivendo al Ministero della Salute, ipotizzando che l’unica terapia era affrontare la pandemia, non come infezione virale, ma come fosse una intossicazione da un veleno, che era poi la proteina spike (la proteina spike crea un danno vascolare simile a determinati veleni di serpenti, la cosiddetta Coagulazione Intravascolare Disseminata o CID).
Dovevamo anti-dotare la proteina, invece cosa abbiamo fatto? l’abbiamo iniettata a centinaia di milioni di persone. Era scontato che il COVID-19 era un esperimento di laboratorio, non eravamo davanti ad una catastrofe climatica da giustificare la comparsa di un nuovo virus, così come il vaccino era un esperimento da laboratorio.
Per chi ha memoria, il vaccino consisteva in una capsula di fosfolipidi (ossia una capsula virale sintetica) con del mRMA, ossia, il vaccino non era altro che un virus sintetico creato in laboratorio, il cui ruolo era istruire il nostro corpo a produrre la proteina spike, e così è stato.
Questi tipi di vaccini DEVONO ESSERE ASSOLUTAMENTE MESSI AL BANDO e non essere più utilizzati. Devono essere abbandonati, non perché poco sperimentati, ma perché sicuramente molto sperimentati, ed ad alti livelli sanno perfettamente del rischio, ma la sperimentazione giustifica il tutto, ma deontologicamente non deve essere così per noi medici.
Questo ragionamento non vuole essere un NO ALLE VACCINAZIONI, è giusto che ognuno scelga la propria strada terapeutica, sono contrario all’obbligo e soprattutto all’utilizzo di vaccini con mRNA, che possono modificare il patrimonio genico delle persone.
Questo è un appello soprattutto a noi medici, dobbiamo attentamente valutare il contenuto di ciò che andiamo ad inoculare, preservando il principio delle vaccinazioni introdotto da Edwar Jenner (Medico, nato a Berkeley, Gloucestershire, 1749 – ivi 1823. Ha il merito di aver propugnato e attuato per primo la vaccinazione antivaiolosa. Jenner giunse in base all’osservazione che le persone guarite di vaiolo bovino, o vaccino, malattia benigna nell’uomo, non ammalavano di vaiolo umano). Secondo questo principio originale, il vaccino agisce se viene iniettato un agente infettivo attenuato, o simile a quello patogeno per l’uomo. L’agente iniettato non deve essere patogeno per l’uomo e cosi, invece di trasmettere la malattia, si ottiene solamente una risposta del sistema immunitario adeguato. Lo stesso Jenner constatò che iniettando il vaiolo umano, le persone contraevano la malattia e perivano; i contadini che lavoravano a contatto di animali infetti non si ammalavano di vaiolo; come sempre le più grandi scoperte nascono per caso.
La cosa che mi ha maggiormente indignato dell’articolo citato, è che le aziende non avevano reso pubblica la sequenza RNA del loro plasmide, per questo molti ricercatori in quegli anni avevano dichiarato che non l’avrebbero iniettato e non se lo sarebbero fatto iniettare.
Dr. Andrea Penna
Relazione del Prof BELLAVITE:
“Per la prima volta c’è una PROVA del fatto che un frammento del plasmide vaccinico si è inserito nel DNA umano. Precisamente è stato rintracciato nelle cellule di un tumore aggressivo della vescica di una donna di 31 anni.
Il plasmide è un anello di DNA che contiene la sequenza della proteina spike, che serve a fabbricare il “vaccino” e rimane nel prodotto come residuo.
Il segmento inserito di 20 basi non può essere là per caso.
Gli autori prudentemente affermano che un caso singolo non è una prova che la vaccinazione “causa” il cancro, ma spiegano bene perché ciò potrebbe verificarsi.
Il segmento inserito nelle cellule sconvolge i sistemi di controllo della moltiplicazione cellulare e il cancro si sviluppa velocemente.”
Per chi volesse approfondire, questo è il link dell’articolo di cui parla il Prof P. BELLAVITE.
Ecco una veloce traduzione dell’articolo:
Il carcinoma della vescica è raro nelle donne giovani, e le presentazioni in stadio avanzato sono eccezionalmente insolite. Riportiamo un caso de-identificato di una donna di 31 anni, precedentemente sana, che ha sviluppato un carcinoma vescicale in stadio IV a progressione rapida entro 12 mesi dal completamento di una serie di tre dosi del vaccino mRNA Moderna (maggio 2021, giugno 2021, dicembre 2021).
Risultati del caso:
È stata eseguita una profilazione multi-omica completa utilizzando PBIMA (Molecular Surveillance and Individualized Targeted Immunotherapy Peptide Editing) e REViSS (Spike-associated Transcriptional/Translational Instability Surveillance), comprendente analisi del DNA tumorale circolante derivato dal plasma, dell’RNA del sangue intero e della proteomica degli esosomi urinari.
Sono state identificate espressioni geniche disgregate nei geni driver oncogenici (KRAS, ATM, MAPK1, NRAS, CHD4, PIK3CA e SF3B1), segnali accessori di promozione tumorale (TOP1, PSIP1 ed ERBB2) e un’evidenza diffusa di instabilità genomica con compromissione della riparazione del DNA (ATM, MSH2).
Nel DNA tumorale circolante è stata identificata una lettura chimerica ospite–vettore mappata su chr19:55,482,637–55,482,674 (GRCh38), nel citobando 19q13.42, situata a circa 367 kb a valle del sito canonico “safe harbor” AAVS1 e 158 kb a monte di ZNF580, al margine prossimale del cluster genico zinc-finger (ZNF).
Questa sequenza si è allineata con identità perfetta (20/20 bp) a un segmento (basi 5905–5924) all’interno della regione codificante Spike ORF (open reading frame) (basi 3674–7480) del plasmide di riferimento DNA Pfizer BNT162b2 (accesso GenBank OR134577.1), nonostante la paziente avesse ricevuto solo vaccinazioni Moderna.
Questo apparente paradosso è spiegato dal fatto che entrambe le piattaforme vaccinali condividono sequenze Spike ORF simili nel cassette di espressione; poiché Moderna non ha depositato la sequenza del proprio plasmide proprietario nel database NCBI, BLAST utilizza come riferimento pubblicato più vicino quello di Pfizer.
Il sito di integrazione era localizzato al di fuori del “safe harbor” canonico AAVS1 e in una regione regolatoria densa di geni e soggetta a ricombinazione, sollevando preoccupazioni per potenziali disfunzioni trascrizionali, formazione di trascritti di fusione e potenziale oncogeno.
La probabilità che una sequenza casuale di 20 basi corrisponda perfettamente a un bersaglio predefinito è di circa 1 su un trilione, rendendo questo allineamento statisticamente significativo e altamente improbabile come artefatto casuale.
Conclusioni
Questo caso sentinella rappresenta la prima evidenza documentata di integrazione genomica di materiale genetico derivato da un vaccino a mRNA in un soggetto umano, documentando un’associazione temporale tra vaccinazione COVID-19 a mRNA e una neoplasia aggressiva, un’evidenza multi-omica riproducibile di segnalazione oncogenica e un evento di integrazione vettore–ospite in una regione non sicura.
Sebbene la causalità non possa essere stabilita da un singolo caso, la convergenza di (i) stretta prossimità temporale alla vaccinazione, (ii) integrazione genomica di un frammento genico Spike derivato dal plasmide vaccinale, e (iii) instabilità trascrittomica e proteomica coerente attraverso i biospecimen rappresenta un pattern altamente insolito e biologicamente plausibile.
Questi risultati sottolineano la necessità urgente di una sorveglianza genomica sistematica, di una validazione ortogonale mediante sequenziamento a lettura lunga e di studi su coorti più ampie per definire con rigore l’impatto delle piattaforme vaccinali a mRNA sintetico sull’integrità del genoma e sul rischio oncologico.