Le costellazioni familiari sistemiche: intervista al dottor Andrea Penna

Articolo di Caterina Civallero

Gentilmente concesso da 5wagora.com


Le costellazioni familiari sistemiche rappresentano una forma terapeutica  basata sul lavoro dello psicologo tedesco Bert Hellinger, psicologo e scrittore tedesco (nato nel 1925 a Leimen/Baden) che per 16 anni fu sacerdote, insegnante e missionario in Sudafrica tra gli Zuls. Il contatto con la cultura locale e il paragone fra la struttura della messa cattolica ed i rituali tribali gli permisero di osservare che il punto di arrivo, nella ricerca del sacro, nonostante le diversità culturali, fosse lo stesso, come a sottolineare che esiste un solo principio sacro e che esso è ovunque. Queste intuizioni lo spinsero, una volta rientrato in Europa, ad approfondire studi di psicologia e psicoanalisi. Influenzato dalle teorie di Carl Gustav Jung,  fece eserienze di Dinamiche di Gruppo, Primal, Gestalt, Analisi transazionale, Terapia Familiare, Ipnosi Ericksoniana, Programmazione Neurolinguistica; elaborò in seguito, con l’esperienza maturata negli anni, la propria Terapia Sistemica della Famiglia, oggi famosa in tutto il mondo. Sull’argomento ha scritto numerosi libri, circa 64, tradotti in 25 lingue.

La Terapia Sistemica della Famiglia efficacissima per le dinamiche familiari, di coppia, e di gruppo (nelle scuola, negli ospedali, negli uffici, nelle carceri), si basa sul concetto dell’ordine dell’amore e delle forze guaritrici insite nel sistema familiare. Esse vengono decodificate per poter essere ri-conosciute e prese in coscienza durante una rappresentazione figurata composta dal costellatore (il terapeuta) il costellato (il paziente) e da persone costellanti (partecipanti al corso, di solito un minimo di 12-15 persone).

Spesse volte le persone che desiderano partecipare alle Costellazioni Familiari Sistemiche si chiedono se sia più utile richiedere la propria costellazione o partecipare come spettatore alla costellazione di altri. Ho pensato di porre, direttamente al Dottor Andrea Penna, queste domande: “per un paziente che desidera affrontare gestire e risolvere i suoi disagi, siano essi fisici che comportamentali, quale posizione è meglio adottare? Richiedere la propria costellazione o partecipare alle costellazioni di altri?

Per garantire meglio il risultato terapeutico, nel tempo, io consiglio entrambe le strade. Le Costellazioni sono una tecnica terapeutica che permette a chi partecipa di mettere in scena, e dunque di rendere visibili e concrete, le proprie emozioni e quelle del gruppo cui appartiene.

Partecipare alle Costellazioni degli altri significa imparare a mettersi nei panni degli Altri, entrare nel ruolo degli Altri. Attraverso la Costellazione viene rappresentata la nostra parte emotiva. Possiamo vedere, scoprire, l’emotività delle persone con cui siamo in relazione e dunque aiuta i componenti del gruppo ad entrare maggiormente in stato di empatia; risolve, risana antichi screzi ferite e separazioni. La Costellazione mette in luce quel mondo parallelo che è intorno a Noi e che è il nostro relazionarci emotivo; tale mondo possiamo identificarlo nel concetto di campo morfogenetico. La mia esperienza trentennale di Medico mi ha portato a concludere che per meglio comprendere questo mondo emotivo di cui siamo fatti occorre tempo, il tempo di assimilare; richiede rispetto. In molte strutture familiari ho constatato che per ottenere un buon risultato definitivo non era fondamentale invitare uno o più componenti di tale gruppo a realizzare la propria Costellazione, a portare in scena il loro problema o questione, quanto invece invitarli a partecipare soprattutto, alle Costellazioni di Altri, quasi come se avessero bisogno di allenarsi a percepire l’emotività degli Altri.

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Video della conferenza di Andrea PENNA e Franco BERRINO [3]

Terza parte della conferenza PENNA BERRINO svoltosi a Torino il 5/3/2016

Il Cibo e le malattie croniche.
Istinto emozioni simboli culture e paure insite negli alimenti

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Scopri perché è importante non avere paura della malattia

Video della conferenza di Andrea PENNA e Franco BERRINO [2]

Seconda parte della conferenza PENNA BERRINO svoltosi a Torino il 5/3/2016

Il Cibo e le malattie croniche.
Istinto emozioni simboli culture e paure insite negli alimenti

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Siamo macchine biologiche telepatiche in continua evoluzione

Andrea-PennaArticolo di Caterina Civallero, gentilmente concesso da 5wagora.com

Da anni il Dottor Andrea Penna, medico omeopata ed esperto in dinamiche e costellazioni familiari studia i meccanismi che regolano la comunicazione. La sua ricerca lo ha portato a concludere che esiste una comunicazione non verbale che ha un potere ben superiore a quella verbale, tanto da determinare e modulare la reattività comportamentale, soprattutto a lungo termine, tra due individui. Egli descrive tale interazione come una forma di comunicazione telepatica emotiva fra forme viventi. Afferma infatti che, con molta probabilità, ogni forma vivente possiede una capacità intrinseca di comunicazione telepatica emotiva con ogni altra forma vivente. Solo così possiamo spiegare le infinite sfumature di reciproca influenza esistenti in natura.

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Riflessioni sulle funzioni dei neuroni specchio

VEDO SOLO CHI MI ASSOMIGLIA – RIFLESSIONI SULLE FUNZIONI DEI NEURONI SPECCHIO

Di: Caterina Civallero

Nei primi anni ’90, all’Università di Parma, l’equipe del Professor Rizzolatti, durante una serie di esperimenti eseguiti sulla corteccia premotoria di un macaco, scopre qualcosa  di sorprendente: una precisa area del cervello, che si credeva fosse deputata all’attivazione delle funzioni motorie, reagisce a stimoli esterni visivi.

I neuroni di quest’area si attivano quando il movimento, come portare del cibo alla bocca, viene eseguito dal soggetto analizzato, ma, cosa inaspettata, anche quando questo soggetto vede compiere da altri tale specifica azione. Come a dire che gli specifici neuroni coinvolti si comportano da veri e propri mediatori nella comprensione del comportamento altrui.

            L’ipotesi che tali neuroni possano essere presenti anche nel cervello umano porta i ricercatori a condurre accurate sperimentazioni che nel 1996 permettono di coniare il termine “neuroni specchio”. Attraverso la risonanza magnetica funzionale, la stimolazione magnetica transcranica, e l’elettroencefalografia si verifica che i neuroni specchio si attivano non solo con l’azione ma anche con il linguaggio: ad esempio, quando una persona ascolta frasi che descrivono azioni, come se a compierla fosse lei stessa. Non tutti i neuro scienziati sono concordi nell’accettare la presunta esistenza dei mirror neurons, nonostante ciò questa straordinaria scoperta scientifica segna un punto di svolta nella neurologia e nelle neuroscienze, poiché, la sua applicazione, anche nella diagnosi precoce dell’autismo, ci permette di indagare sull’evoluzione dell’intelligenza e dell’emozione dell’essere umano influenzando gli studi di psichiatria, pedagogia, psicologia, antropologia, etica ed estetica.

            A distanza di quasi 20 anni l’eco di tale scoperta affascina e coinvolge ogni campo del panorama delle neuroscienze cognitive e trasforma irreversibilmente il nostro modo di concepire le funzioni della mente. Viene creata una mappa dettagliata delle zone cerebrali preposte alla facoltà umana di cogliere i sentimenti altrui, di comprendere le intenzioni, oltre che usare il linguaggio. E’ possibile spiegare fisiologicamente la nostra attitudine a metterci in relazione con gli altri. La nostra capacità empatica attiva una precisa area neuronale non solo quando compiamo un’azione ma anche quando vediamo altri compierla. Il Professor Giacomo Rizzolatti e il Professor Corrado Sinigaglia ne parlano dettagliatamente nel loro Libro “So quel che fai” edito da Raffaello Cortina Editore 2006.

             “La scoperta dei neuroni specchio è una rivoluzione copernicana” così spiega il Dottor Andrea Penna, Medico chirurgo omeopata e ricercatore di Torino, ”ci obbliga a rivoluzionare le basi che regolano il meccanismo di apprendimento e di vita di relazione. Ora sappiamo come realmente funziona il nostro cervello. Ora sappiamo che ogni nostro comportamento, ogni nostro modello di vita, deriva da un vissuto biologico ed è figlio di un riflesso condizionato che si è strutturato neurologicamente nel tempo. Il nostro cervello, possiamo dire, contiene un insieme di impronte (imprinting) che agiscono come traccia guida sia nel riconoscere sia nell’eseguire ogni nostro comportamento.

Il nostro sistema cerebrale riconosce solo ciò che è simile a noi stessi, quindi solo chi agisce come noi. I neuroni specchio permettono ad ogni animale di distinguere i suoi simili. Chi ha un cane lo sa perfettamente.

I bambini si riconoscono tra di loro, i cuccioli si identificano e giocano fra loro. Anche l’uomo adulto si identifica per similitudine di struttura e per similitudine di movimenti e di finalità. Ogni animale modula un proprio movimento per ottenere una propria finalità di sopravvivenza che caratterizza ogni specie. I neuroni specchio decodificano i movimenti archetipali simili a tutti, oltre ai movimenti specifici per ogni specie”.

            Il Dottor Penna aggiunge, a proposito dell’apprendimento: “Se io mi vedo simile al mio interlocutore io apprendo, se io mi vedo differente dal mio interlocutore, qualunque cosa lui mi dica, io non la apprendo.

Più mi sento simile agli altri più apprendo. Più mi sento diverso dagli altri meno apprendo.

Questo stesso meccanismo regola anche le dinamiche della vita di relazione di coppia.

Tendenzialmente noi ci mettiamo in coppia, ci innamoriamo, ci sentiamo attratti, verso le persone che hanno assunto, nei confronti della vita, una modalità reattiva simile alla nostra, ossia hanno un medesimo vissuto esperienziale che ci rende simili.

Dunque noi vediamo, riconosciamo, e siamo attratti, fondamentalmente, da ciò che è simile a noi.

Tutto ciò che i neuroni specchio non decodificano come simile a noi lo identificano come un pericolo.

Questo spiega perché con alcune persone entriamo rapidamente in empatia e con altre no.”