Video della conferenza: Fisica e Metafisica, Scienza e Teologia, Presente e Passato

Fisica e Metafisica, Scienza e Teologia, Presente e Passato

Video della conferenza dell’8 ottobre 2019.

Quando parliamo di fisica o di metafisica, quando parliamo di scienza o di teologia, di cosa stiamo realmente parlando? Quali simboli la nostra mente nasconde dietro tali differenti modi di osservare tutto ciò che ci circonda? Che differenza esiste tra ciò che sappiamo misurare e tra ciò che possiamo solo intuire? Dove siamo quando pensiamo in modo razionale e quando pensiamo in modo astratto?

Negli anni ho compreso che la Fisica è il rapporto coi nostri Genitori e la Metafisica è la percezione dei miti, dell’agire dei nostri Antenati. Il nostro rapporto emotivo di desiderio o repulsione, di elogio o di critica verso questi due campi di studio nasce da eventi reali vissuti o ereditati, che possono essere messi in luce con tecniche quali le costellazioni o le mimesi.

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VIVERE IN MONDI PARALLELI

Tracciare il confine tra noi e il mondo. Dalla notte dei tempi l’uomo ha sempre indagato per comprendere la relazione che esisteva tra la sua mente, i suoi pensieri, il suo corpo e tutto ciò che lo circondava. Ancora oggi cerchiamo questi confini. La ricerca scientifica della nostra cultura occidentale purtroppo non sempre ci aiuta, aggiunge elementi e rende a volte tutto ancora più complesso. Eticamente tutti vorremmo che la verità sia nella semplicità, e forse è così.

Tutte le nostre riflessioni sono figlie della meditazione: restare noi davanti al mondo, fermi. In quel istante, nel silenzio, arriva qualcosa, tutti abbiamo provato almeno una volta nella nostra vita questa esperienza. E’ come mettersi davanti ad una radio, l’accendiamo e restiamo in silenzio ad ascoltare i suoni che da essa emergono, le informazioni che possono essere e arrivare a noi da ogni parte del mondo.

Probabilmente per comprendere il nostro confine col tutto, dobbiamo vivere nel giorno e vivere nella notte. Di giorno vediamo un aspetto del mondo, quello oggettivo, pratico. Di notte per mezzo della nostra attività onirica percepiamo e decodifichiamo l’altro aspetto del mondo, percepiamo il contenuto emotivo delle cose, percepiamo la relazione empatia che si va creando tra noi e gli altri, vediamo sia le nostre paure e sia le nostre certezze.

Viviamo due vite parallele. Forse la caratteristica saliente di noi umani è questa nostra capacità sia di entrare e sia di estraniarci dalla componente oggettiva del mondo. Nella fase onirica e meditativa forse entriamo in un limbo, ai confini della sola energia fatta di pensiero.

Il pensiero forse è un contenitore di informazioni, è la decodificazione di un campo all’interno del quale siamo collocati e col quale interagiamo; lo modifichiamo dinamicamente dentro noi e lo restituiamo, e lo mettiamo a disposizione di altri. Percepiamo la dinamica del sistema che è intorno a noi per mezzo di pensieri ed emozioni. Traduciamo in pensieri ciò che il mondo prova, forse questo spiega il perché, quando andiamo a vivere in paesi diversi, diventiamo diversi, creiamo inevitabilmente nuove credenze, nuove religioni e nuovi modelli di vita.

Se il pensiero è anche un qualcosa che è intorno a noi, il nostro confine diventa impalpabile, tende allo zero ma non arriverà mai allo zero assoluto, come l’influenza gravitazionale tra due corpi celesti, per quanto siano lontani esisterà sempre tra loro una relazione, saranno sempre parte di un sistema. Di giorno siamo la nostra massa di corpo celeste in movimento nello spazio. Nella fase onirica siamo in quella rete gravitazionale, senza apparente massa, ma solo interazione tra informazioni.

Siamo una interazione di nuvole di pensieri. Ci nutriamo e ci forgiamo uno con l’altro; forse tale interazione di informazioni non è presente e attiva solo tra noi esseri umani, ma probabilmente lo è tra tutte le forme viventi. Tutte le mattine mi alzo e guardo le piante che ho in casa, guardo le piante del viale della strada ove abito, resto in silenzio, immagino che anche loro mi guardano; immagino due esseri, io e loro, che non hanno bisogno di parlare per capirsi, c’è tra me e loro una interazione empatica.

Espandersi nei due mondi, nelle due realtà. Di giorno siamo nel tempo, di notte, sognando siamo nello spazio, siamo nella dimensione del “tutto è qui ed ora”.

L’atto terapeutico è cambiare o aggiungere elementi all’immagine che noi abbiamo del tutto. Solo allora l’interazione tra noi e il tutto cambia. Inevitabilmente la rete gravitazionale tra noi e il mondo cambia, allora noi senza sforzo ci sposteremo. Cambiamo l’informazione del mondo, ma noi siamo anche il mondo.

“Impara ad ascoltare”. E’ la frase che maggiormente ci è stata detta dalla scuola, dai nostri genitori, dai nostri partner, dai nostri colleghi, dalla vita. E’ la frase che più ci ha messo in difficoltà. Ora che sono nella seconda metà della mia vita, ho compreso che ascoltare è restare in meditazione e aspettare che qualcosa emerga. E’ porsi una domanda e andare a dormire, è accendere la radio e restare in ascolto. Aspettare che l’altro mondo ci dica l’altra verità.

Possiamo anche parlare con gli altri in questo mondo onirico, poiché ogni informazione gira liberamente in questa dimensione. Molti dei miei pazienti li invito, quando si pongono nel letto sotto le coperte, in quella fase di rilassamento piacevole, a realizzare un sogno vigile guidato, li invito a immaginare di essere davanti alle loro persone amate o odiate e parlare con loro, raccontare loro le loro paure, li invito nel sogno ad abbracciarli e di addormentarsi con quella immagine romantica. Da quelle semplici immagini nasce a volte una rivoluzione, famiglie separate da anni si ritrovano, come teleguidati da una rete gravitazionale loro malgrado.

Dal mio punto di vista non esiste la parte oscura, non esiste il “male” nel senso teologico, esiste la disperazione trascinata per generazioni che può divenire anche una forza distruttiva potente, un campo che può accompagnare persone per tanto tempo e li modula e li trasforma. Ogni emozione è un pensiero, è un modo di pensare. La disperazione è un vuoto terrificante fatto di solitudine, di soprusi, cosa può aiutarla maggiormente? Sognare di abbracciarla, lanciare nello spazio una immagine positiva. Pensieri che si incontrano e si modellano. Nel sogno siamo sempre attivi, sia nel ricevere, sia nel dare.

Tutto ciò che viene affrontato razionalmente di giorno ha una durata breve. Tutto ciò che viene affrontato nel sogno e nella meditazione diventa immediatamente una esperienza.

Avere una o più tecniche a disposizione per imparare ad usare questi due mondi paralleli senza paura, può essere un valido supporto.

Dott. Andrea Penna

Video della conferenza al Mosaica Festival 2019

Descrizione biologica dei dieci comandamenti – Dott. Andrea Penna
“Noi siamo un campo energetico emotivo che si manifesta per mezzo di un corpo”

16 giugno 2019 – Lido di Camaiore

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25° Convegno Internazionale di Ricerche Parapsichiche e Bioenergetiche

Il Dr. Andrea Penna, nell’ambito del 25° Convegno Internazionale di Ricerche  Parapsichiche e Bioenergetiche ha tenuto una conferenza sul tema “La memoria emotiva: il rapporto tra emozioni e azioni“.

 

Mini relazione degli argomenti trattati.

Nel mese di aprile 2019 son stato invitato come relatore al 25° Convegno

Internazionale “L’Uomo Multimediale, oltre i confini della mente”, tenutosi a Montesilvano; esperienza bellissima e interessante, coinvolgente; ho conosciuto persone emotivamente orgogliose delle lororicerche e del loro lavoro, dei loro manoscritti. L’artefice del tutto è Nicola Cutolo, uomo poliedrico, che ringrazio pubblicamente per tutto ciò che realizza e ringrazio anche tutte le Persone che costantemente collaborano con Lui e

lo aiutano nell’organizzazione.

Ho partecipato all’evento attivamente come uno dei tanti relatori, affrontando come tematica “La Memoria Emotiva; il rapporto tra emozioni e azioni“. Ho descritto in parte il mio lavoro, l’esperienza che sto acquisendo per mezzo delle Mimesi, una tecnica che ci permette di mettere in scena le emozioni dei nostri Antenati e le forze che hanno guidato loro e noi, che sono dentro di noi e poterle vedere e interagire con esse. Il confine tra Noi e i nostri Antenati non esiste, è il principio della non localizzazione, del poter essere come informazione ovunque. Fisicamente, col nostro corpo, siamo qui, nel oggi. Come informazione siamo ovunque; eravamo già nei nostri Antenati. I nostri Antenati erano fisicamente nel passato, ma la loro informazione è anche in noi; chi siamo dunque Noi? Un insieme romantico di informazioni, che biologicamente possiamo chiamare emozioni. Le emozioni sono un ologramma che contiene attimi di vita, informazioni, eventi e tutto quello che il nostro sapere e fantasie vuole collocare. Nella conferenza ho descritto dunque due mondi: il mondo reale o mondo della fisica, ciò che possiamo indicare con un dito, come diceva Aristotele, e un mondo emotivo o mondo della metafisica, ciò che possiamo descrivere ma non indicare. Il mondo della fisica è ciò che emotivamente noi abbiamo e continiamo a provare direttamente con i miei Genitori; è ciò che noi definiamo razionalmente l’oggi, il qui ed ora, Il mondo della metafisica, della spiritualità, della religione è tutto ciò che è stato emotivamente provato prima di noi da Altri e che si perde nella notte dei tempi, che percepiamo come facente parte di me, ma non riesciamo a misurare e ponderare, è una sensazione o percezione metafisica, filosofica.

Ecco l’immagine da me proiettata durante la conferenza.

Si vedono i due mondi o i nostri due modi di vedere il mondo: a sinistra l’aspetto fisico oggettivo, razionale, ciò che possiamo toccare e misurare direttamente (il rapporto tra noi e i nostri genitori); a destra la percezione metafisica o filosofica delle cose (l’eredità di tutte le emozioni di chi è vissuto prima di noi), ciò che non possiamo misurare ma solo percepire e descrive come interpretazione del mondo.

Dr. Andrea Penna

La mimesi della mia vita e la scoperta dei gemelli scomparsi.

Scritto da Marika Tufani (Dott.ssa in Scienze e tecniche psicologiche).

“Ho cercato la mia anima, ma la mia anima non l’ho potuta vedere.
Ho cercato il mio Dio, ma il mio Dio non sono riuscito ad afferrarlo.
Ho cercato il mio fratello e ho trovato tutti e tre.” (F. Thompson)

E così è stato. Una ricerca continua della mia anima, del mio valore, del mio senso della vita, del mio compito su questa Terra così sconosciuta, così spaventosa, così spaventante. Una ricerca iniziata inconsapevolmente in un tempo lontano, quando nulla sembrava acquisire un significato ai miei occhi, che non sapevano dove guardare, che non riuscivano a rivedersi in nessun altro sguardo incontrato, in cerca di tante risposte, ma rovando solo ulteriori domande.
Allora ho cambiato il fine della mia ricerca, ho iniziato a cercare Dio. Un Dio così potente da fare a tratti paura e allo stesso tempo da essere a tratti l’unica speranza. A volte il capo espiatorio di tutte le sofferenze, a volte l’unico sollievo che possa donarti un effimero sorriso, confidando nel suo buon cuore, confidando nella sua provvidenza. Un Dio così potente da essere inafferrabile, insolubile, irraggiungibile. Nuovamente in cerca di tante risposte, nuovamente trovando solo ulteriori domande.
Una ricerca continua costellata di dubbi, di incertezze, di insicurezze, di terribili paure di non arrivare mai a una fine, di non trovare mai la pace. Paura di soffrire, paura di non trovare la serenità, se non solo a piccoli tratti. Un cammino lungo accompagnato solo dalla solitudine. Una solitudine profonda di quelle che ti trafiggono il cuore, che sembrano non terminare mai. Una solitudine che non ti accompagna ma che ti assilla, ti travolge, ti impedisce di poter credere di sentirti meglio prima o poi, di poter essere diversa, capace, adeguata, viva.
La testa non pensa.
Il corpo non sente.
Completamente persa nel buio, dove l’unico pensiero costante è la paura di essere abbandonati, di non essere ricordati, di non essere riconosciuti, di finire in un oblio eterno dal quale risorgere è impensabile, è impossibile.
Un buio impenetrabile fino a quel giorno, quando per la prima volta ho aperto gli occhi e all’improvviso una luce è comparsa davanti a me. Prima piccola, debole, quasi impercettibile eppure inspiegabilmente evidente. Una luce che improvvisamente mi ha mostrato te, mi ha mostrato voi, la vostra presenza, il vostro esistere. L’unico sguardo in cui mi sia mai riconosciuta, l’unico abbraccio in cui mi sia mai ritrovata. Tu unico essere invisibile ma così concreto, così presente, così uguale a me. Il pezzo mancante del mio puzzle, l’appoggio mancante sulla mia strada. Un posto sicuro sempre presente, sempre al mio fianco al quale tornare per avere ristoro, per ritrovare le forze, per ricaricare le energie.
Oggi lo so, ora lo so, che ci siete e che non mi abbandonerete mai. Voi sempre vicino a me, fratello e sorella miei, per sorreggermi, per incoraggiarmi, per non essere da oggi in avanti mai più sola, per sempre insieme.
Una sola anima con la forza di tre, un solo Dio, che per mezzo di me ha dato la vita anche a voi, fantastiche repliche mie, fondamentali parti di me.
Una nuova vita mi si è spalancata davanti, fatta di coraggio, di forza, di autostima, di amore per il mio essere che comprende anche voi, inevitabilmente, da sempre, da oggi e per il futuro, in ogni istante.
Questa è stata la scoperta dei miei gemelli, di voi, degli altri me, che l’unico desiderio che possedevano era di essere visti, riconosciuti, ritrovati. Ora capisco che la mia paura era in realtà la vostra, che il mio buio era in realtà il vostro, che la mia solitudine era in realtà la vostra. Solo che le percepivo io, le vivevo io, perché fra me e voi differenza non c’è, io, semplice respiro per la vostra voce. Era necessario permettere a voi di trovare la pace per poterla vivere io.
E così è stato…
Ho trovato i miei fratelli ed ho trovato tutti e tre.

La mimesi della mia vita: una nuova tecnica terapeutica per vedere e agire nel nostro tempo e nel nostro spazio.

Scritto da Stefania Farolfi (Naturopata, Life Coach) e Marika Tufani (Dott.ssa in Scienze e tecniche psicologiche).

Il Dr. Andrea Penna (medico chirurgo, omeopata e ricercatore) da quest’anno ha introdotto una nuova tecnica terapeutica, fondata sulla sua trentennale esperienza clinico/medica e la parallela esperienza sulle costellazioni famigliari sistemiche derivanti da Bert Hellinger (vedi articolo precedente).

La mimesi della mia vita si fonda su due punti essenziali: il mito, ovvero l’evento immutabile, così com’è avvenuto, e il rito, cioè un momento di nostro intervento, per integrare il nostro vissuto con quello dei nostri antenati, maturando comprensione e consapevolezza delle nostre origini. Con questo nuovo approccio, il Dr. Penna pone l’attenzione non più sul ruolo, che noi possiamo giudicare giusto o sbagliato, di un nostro consanguineo (madre, padre, fratelli, sorelle, zii, nonni, …), bensì sull’evento accaduto, senza porre giudizio, senza tentare di cambiarlo, osservandolo semplicemente nel suo svolgersi. Il mito è un qualcosa che riguarda un evento accaduto e che pertanto non può essere soggetto a cambiamento. Dunque noi non possiamo fare altro che rimanere spettatori, approvandolo e onorandolo tramite il rito. Il vero atto terapeutico è, infatti, trasformare tutti i protagonisti di tale evento in eroi. Per intenderci come avveniva nel teatro greco, in cui era possibile inscenare la tragedia, solo grazie alla presenza di “un buono e di un cattivo”, dove ognuno svolgeva il proprio ruolo, permettendo così la realizzazione di quell’evento o racconto. Non è quindi possibile porre un atto di giudizio sugli attori che hanno dovuto dar vita al loro personaggio.

La domanda che possiamo porci è: “Qual è il filo conduttore tra noi e ‘gli eroi’ che ci hanno preceduto?”

Riflettendo su tutto ciò, gli ‘eroi che ci hanno preceduto’, cioè gli attori della tragedia, diventano i nostri consanguinei e noi diventiamo il pubblico (spettatori) dell’evento. Il filo conduttore quindi, spiegandolo in riferimento alle scoperte più recenti della fisica quantistica, prende il nome di entanglement. L’entanglement significa letteralmente “intreccio” e descrive il legame presente fra due particelle elementari di materia, in cui inducendo una modifica nella prima, inevitabilmente ed istantaneamente la stessa modifica si verifica anche nella seconda. Si può quindi facilmente presupporre che se questo avviene fra due particelle elementari di materia restate in contatto per alcuni secondi, lo stesso accada fra consanguinei con i quali si condivide un intero corredo genetico ed emotivo. Ecco allora che giudicando l’agire dei nostri parenti e antenati, inevitabilmente ed istantaneamente, giudichiamo anche il nostro agire, ricreando l’irretimento e le tensioni, come un copia in colla, di ciò che è avvenuto in passato, non ponendo in questo modo mai fine alla “tragedia”. La mimesi della mia vita mediante il rito permette di chiudere con il passato, riconoscendo il diritto a tutti coloro che ci hanno preceduto, di aver agito come hanno agito, trasformandoli così nei nostri eroi. In breve tempo si allentano le tensioni e si facilita l’acquisizione e l’interiorizzazione delle informazioni che questi eventi trasportano, da generazioni in generazioni, per dar forza evolutiva al sistema di cui noi oggi siamo i porta voce.

La mimesi della mia vita è allora un nuovo modo di vedere, percepire e comprendere amorevolmente il sistema famigliare e la nostra vita, per acquisire un nuovo agire ricco di forza vitale e propositiva.
Buona mimesi della mia vita a tutti voi.

Mimesi, costellazioni familiari – Come funzionano? | Radio Visione Alchemica

Ascolta “MIMESI, COSTELLAZIONI FAMILIARI – COME FUNZIONANO? con il DOTT. ANDREA PENNA”

Ogni forma di separazione, sentimentale o per un lutto, è apparentemente non solo perdere qualcosa, ma è rivivere una paura che inevitabilmente ci porta a uno stato di ansia difficile da gestire. A volte siamo apparentemente come programmati a vivere e rivivere tutto ciò. Entriamo dentro un qualcosa per poi rivivere il momento della separazione, la paura della separazione, quasi come se l’andassimo a cercare, quasi desiderare. Un movimento melanconico come già lo intuì nel 1915 lo stesso Freud; essere in uno stato permanente di separazione patologica verso ogni cosa. Ogni nuova separazione è rientrare in quel binario. Argomento senz’altro interessante che ci sarà illustrato dal Dott.Penna in questa serata dedicata alle Mimesi/Costellazioni familiari, la nuova tecnica terapeutica nella sua modalità di esecuzione e del come agisce dentro e intorno a noi.

Comprendere o giudicare?

SERATE DI APPROFONDIMENTO CON ESERCIZI PRATICI

Stefania Farolfi (naturopata e life coach) e Marika Tufani (dott.ssa in Scienze e Tecniche Psicologiche).

Lo sapevi che ognuno di noi ha un ruolo soggettivamente specifico nel proprio gruppo di appartenenza?

Quanto può essere importante conoscere quella linea sottile di confine che esiste tra il ruolo dei genitori (padre/made, nonni) e quello dei figli (fratelli/sorelle/fratellastri/sorellastre)?

Quando si diventa adulti può essere utile avere coscienza di quello che è stato il proprio ruolo da figlio/a per poter vedere e riconoscere (onorare) il ruolo di chi in quel momento era la madre e il padre “di turno”.

Durante gli ESERCIZI PRATICI, il Dr. Andrea Penna invita i partecipanti a comprendere il ruolo della madre, del padre e del figlio/a.

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Cosa significa diventare davvero adulti?

SERATE DI APPROFONDIMENTO CON ESERCIZI PRATICI

Stefania Farolfi (naturopata e life coach) e Marika Tufani (dott.ssa in Scienze e Tecniche Psicologiche).

Il tema del divenire adulti e responsabili è un argomento che interessa ognuno di noi, soprattuto dal momento in cui verso i 25/30 anni ci accingiamo alla realizzazione lavorativa e a creare una famiglia, affrontando le varie circostanze della vita che ci mettono sovente a dura prova.

Ti è mai capitato di avere problemi con tua moglie, con tuo marito, con i tuoi figli, con i tuoi fratelli/sorelle, con i tuoi genitori, con i tuoi colleghi, con il tuo capo o con le tue amicizie? Per non parlare poi dei problemi con il lavoro, il denaro o con la salute?

Tutto origina da un movimento interno, generato da forze o dinamiche di cui non abbiamo consapevolezza, in quanto non siamo stati educati a considerare questo aspetto personale che in realtà è alla base del nostro agire, dei nostri comportamenti.

Esistono diverse metodiche e strategie per scoprire quali risposte e soluzioni siano davvero funzionali. Tra queste le costellazioni famigliari, che in base alla mia esperienza da naturopata, rappresentano la chiave di svolta (un passe-par-tout). Il Dr. Andrea Penna (medico, omeopata e ricercatore) durante la serata di ESERCIZI PRATICI ha evidenziato con estrema chiarezza la dinamica e l’imprinting iniziale che intercorre tra figlio/a e genitori, sottolineando la differenza evidente (creatrice in un certo senso di un habitus vitae) tra il principio di moralità e l’istinto.

Che cos’è l’imprinting?

L’imprinting è la forma di apprendimento che registra il bambino fin dal concepimento ed avviene in due modalità: la prima durante i 9 mesi di gravidanza con un tipo di format e la seconda dalla nascita in poi con altri format. Quando il bambino è nell’utero della mamma (epoca infantile) è un corpo unico con essa, è letteralmente un organo della madre e come tale si percepisce. Come ogni altro organo egli si gestisce in funzione dell’attività fisiologica corporea della madre adattandosi e contribuendo
all’omeostasi. Dunque, l’embrione percepisce non solo le informazioni necessarie al proprio sviluppo ma anche l’emotività ereditata a sua volta e generata dal vissuto personale della madre stessa.

Quando il bambino nasce continua, fino all’età di 5/6 anni circa, a percepire, vivere e vedere il mondo circostante (contesto famigliare, educativo, sociale e culturale), in funzione della mamma, elaborando tali informazioni sulla base di ciò che ha lui stesso giudicato, ritenuto come giusto o sbagliato per sua madre.

Quando si diventa adulti, biologicamente si cambia. Cambia quindi anche il modo di ragionare e di affrontare la vita; così si tende a percepire e osservare più in funzione del padre, sviluppando man mano una responsabilità personale (epoca adulta). Questo però, diventa davvero possibile solo se si inizia a maturare una comprensione degli eventi (di ciò che è stato, di ciò che è), diventando fieri di essere i figli/e dei propri genitori, sospendendo l’atto del giudicare e maturando la volontà del permettere di far accadere ciò che è accaduto, di accettare il fatto che nella vita si possa sbagliare e andare avanti, vivendo con gratitudine.

Per intenderci, possiamo far riferimento al significato analogico espresso nel film Matrix.
Neo, l’eletto, interpretato da Keanu Reeves, decide di scoprire cosa sia “matrix” e dopo aver preso la pillola rossa si risveglia all’interno di un utero artificiale, ritrovandosi poi immediatamente catapultato in una realtà oggettiva completamente diversa e nuova rispetto a quella che era convinto che fosse davvero. Nel film, “matrix” rappresenta una realtà surreale, un po’ come quella che si percepisce da bambini, in quanto si vede la vita attraverso gli occhi della madre, come se si fosse all’interno dell’utero artificiale rappresentato nel film. La scena in cui Neo viene espulso dall’utero artificiale, catapultato nella realtà oggettiva e costretto a “risvegliarsi” guardando tutto ciò che lo circonda con nuovi occhi, rappresenta la presa di coscienza, cioè l’inizio dell’epoca adulta, in cui non si è più bambini, in quanto cambia il modo di percepire e vedere la vita (o almeno dovrebbe), poiché biologicamente si sviluppa la propensione a diventare futuri genitori, autonomi e responsabili per salvaguardare la specie umana e la sua evoluzione.

L’epoca adulta si realizza tra i 25/100 anni e la domanda che dobbiamo iniziare a farci è: quanto effettivamente riusciamo ad ottemperare questa maturità che dovrebbe in teoria avvenire spontaneamente? Come mai la stragrande maggioranza di persone ha difficoltà a riconoscersi nel ruolo di un adulto o di un genitore, ostentando spesso in comportamenti ancora infantili o da Peter Pan, esprimendo quindi forme di dipendenza, di immaturità, di possessività, di dissociazione e di poca consapevolezza?

Diventare adulti significa riconoscere e onorare il ruolo dei propri genitori, smettendo di giudicare il loro operato, sfatando le rabbie e comprendendo il loro vissuto: il loro agire è stato il meglio che potessero fare e permetterci di assomigliarli (in quanto al loro posto avremmo fatto uguale) sicuramente è l’atto di coscienza che ci aiuterà a diventare davvero adulti, responsabili, aumentando così il nostro libero arbitrio. E come si può fare? Le costellazioni famigliari, mediante il gioco dei ruoli, sono di notevole aiuto per arrivare a comprendere e percepire quanto scritto.

Con gratitudine